Questo articolo è una critica ai CARC circa il multipolarismo. L'articolo spiega anche perché i marxisti dovrebbero supportare il mondo multipolare. Ringrazio l'amico et ex-collega di partito, il Compagno Jean Claude Martini per avermi dato il permesso di caricare questo articolo sul mio spazio di internet.
di Jean-Claude Martini
Dall'estate dello scorso anno sino ai giorni nostri, la carovana del (n)PCI e in particolar modo il Partito dei CARC si sono soffermati a più riprese sulla questione del multipolarismo, sulla quale un ampio dibattito si sta dispiegando in seno al movimento comunista italiano: una lotta tra due linee, si potrebbe dire, tra chi ne sostiene la necessità (chi con finalità strategiche, chi con finalità tattiche) e chi lo osteggia e lo combatte in nome della “rivoluzione socialista”.
Il (n)PCI, con l'Avviso ai Naviganti 123 del 2 agosto 2022, e il P.CARC, con gli articoli A proposito di Unità Popolare e delle posizioni sul conflitto in Ucraina (11 luglio 2022), Il grande abbaglio del multipolarismo (1 novembre 2022), Multipolarismo: usiamo il marxismo compagni! (28 dicembre 2022), Guerra in Ucraina e ruolo di comunisti e masse popolari in Italia (25 febbraio 2023 – prima risoluzione del VI Congresso), Rovesciare il governo della guerra (5 marzo 2023), Mondo multipolare o nuova ondata mondiale della rivoluzione
proletaria (4 aprile 2023) e Ucraina. Piano di pace vs piano di guerra (4 aprile 2023), si sono schierati decisamente con la seconda fazione. Specifichiamo sin da subito che, tra queste due linee, la prima da noi citata rappresenta la sinistra e la seconda, la destra. Dal momento che, dialetticamente, l'uno si divide in due, anche nella linea sinistra convivono una posizione relativamente più avanzata e una relativamente più arretrata: la prima che sottolinea il legame dialettico tra multipolarismo e socialismo e la seconda che effettivamente crede nella possibilità di una transizione pacifica dall'unipolarismo al multipolarismo; nella linea di destra, la posizione relativamente più avanzata è quella di chi privilegia la rivoluzione proletaria al multipolarismo inteso come strategia, mentre quella più arretrata è quella di chi, antidialetticamente, traccia un segno di eguaglianza tra multipolarismo e reazione coi più vari pretesti (“imperialismo russo”, “socialimperialismo cinese”, “opposti imperialismi” ecc.).
Fatta questa doverosa premessa, va evidenziato come l'aspetto principale della contraddizione consista nel carattere avanzato di chi riconosce, coerentemente con l'esigenza dei tempi, la necessità del multipolarismo quale fase di transizione internazionale al socialismo, nel rispetto delle specificità delle varie condizioni e dei vari contesti nazionali, e l'essenza arretrata di chi contrappone i due fenomeni, multipolarismo e rivoluzione socialista. La concezione di fondo del (n)PCI e del P.CARC, che permea tutti gli articoli che abbiamo sopra menzionato, contrappone forzosamente la parola d'ordine e la tattica della costruzione di un mondo multipolare alla strategia della rivoluzione proletaria e dell'edificazione del socialismo e del comunismo, quasi come se la prima potesse “rubare la scena” alla seconda. Tentando di mascherare con concetti “marxisti” questa loro posizione, essi si scagliano contro chi accusano di sostenere l'idea di una transizione pacifica dall'unipolarismo a trazione americana al multipolarismo. Ma, a un esame più attento della loro critica, si scopre che gli unici rimandi che indicano sono un comunicato congiunto del PCI e del PC Svizzero datato 4 dicembre 2016 (Pace e multipolarismo: per una nuova cooperazione internazionalista), la sintesi del convegno di Foligno del PC, svoltosi il 20 novembre 2022 (Sovranità nazionale e mondo multipolare) e un articolo di Radhika Desai pubblicato su La Città Futura il 26 maggio 2018 (Economia geopolitica: la disciplina del multipolarismo), oltre a una menzione di sfuggita riferita al PC, al PC Portoghese e alla rivista Cumpanis nella prima risoluzione del VI Congresso del P.CARC.
Analizzando queste fonti, non si può non evidenziare come prima cosa la sostanziale scorrettezza intellettuale del criticare oggi, nel contesto attuale, le posizioni espresse dal tal partito o dalla tale rivista nel 2016 o nel 2018, in una situazione già allora completamente diversa da quella in cui operiamo adesso. La crisi sanitaria globale e l'Operazione militare speciale russa in Ucraina hanno radicalmente cambiato l'assetto politico, economico, finanziario, militare e geostrategico mondiale: è una realtà oggettiva di cui non si può non tenere conto. Se allora potevano avere, tra chi non ha assimilato la concezione comunista del mondo, un qualche diritto di cittadinanza le opinioni per cui tale
transizione potesse avvenire in qualche modo pacificamente, col 24 febbraio 2022 tali illusioni si sono completamente e miseramente sgretolate. Dico “tra chi non ha assimilato la concezione comunista del mondo” perché per ogni marxista degno di questo nome era chiaro, come sempre lo è stato, che la rivoluzione o impedisce la guerra o le mette fine, e che non può esservi alcuna transizione pacifica dal regime capitalista-imperialista al socialismo: è quanto venne affermato dai marxisti-leninisti nella lotta mondiale contro il
revisionismo già dagli anni '60, oltre che un principio difeso e riaffermato da Lenin contro gli opportunisti della II Internazionale.
Come secondo aspetto, fatti salvi il PCI e il PC Svizzero, in nessuno dei documenti citati dal P.CARC si è affermata la possibilità della realizzazione di una transizione dall'unipolarismo al multipolarismo così concepita.
La carovana del (n)PCI, dunque, mette in bocca parole mai dette ad altri organismi per far passare sotto una tinta “rivoluzionaria” e “marxista-leninista-maoista” una concezione che di rivoluzionario e marxista non ha assolutamente nulla, ma che cela anzi l'opportunismo di sinistra nelle vesti che ha assunto nell'epoca attuale.
Una militante del P.CARC ha scritto, alla fine dell'anno scorso:
«Come Partito dei CARC l’abbiamo scritto: alla crisi generale del capitalismo e al declino del mondo unipolare guidato dagli USA, riteniamo che contrapporre il rimedio del mondo multipolare e immaginare quindi un sistema mondiale basato sull’equilibrio di diverse potenze che accettano di collaborare pacificamente tra loro nel sistema capitalista, sia una speranza irrealizzabile. Se questo fosse possibile non avrebbe senso affermare che oramai da 40 anni siamo immersi nella seconda crisi generale per sovrapproduzione assoluta di capitale, che questa crisi è entrata nella sua fase acuta e terminale nel 2008, crisi irreversibile e intrinseca al sistema capitalista, crisi economica che trascina con sé la crisi politica (e dei regimi politici della borghesia imperialista), una crisi sociale e culturale il cui unico sbocco è l’instaurazione del socialismo innanzitutto in alcuni degli attuali paesi socialisti. È per questo che: o la rivoluzione socialista previene la guerra imperialista, o la guerra imperialista genera la rivoluzione socialista. Per noi questo principio è ancora valido e trova conferma nella realtà» [1]
Perché questo assunto è errato?
Precisamente perché esso contrappone la tendenza al multipolarismo allacostruzione della rivoluzione socialista, come se il primo fosse un fenomeno a sé stante, slegato dal movimento storico-sociale del mondo contemporaneo, e non invece una parte integrante e fondamentale dell'avanzata dell'umanità verso il comunismo. La compagna del P.CARC slega, contrappone e divide con una muraglia cinese due concetti, due fattori concreti, che invece sono strettamente legati tra loro. Se mettiamo a paragone le sue riflessioni con quelle pubblicate di recente dal compagno Pablo Bonuccelli, direttore di Resistenza, che descrive il multipolarismo allo stesso modo, notiamo evidentemente che la carovana del (n)PCI non ha capito che cos'è il multilateralismo, come nasce, come si sviluppa e come si manifesta.
Bonuccelli, inoltre, dopo aver affermato (contraddicendosi) che il multipolarismo «è la condizione in cui la tendenza alla guerra – “naturale” sbocco della crisi generale del capitalismo – si sviluppa oggi ed è condizione che oggettivamente la favorisce» (come può quindi predicare il pacifismo borghese?), afferma:
«Il multipolarismo è espressione di un’ideologia idealista perché non possono e non potranno mai esistere più “potenze mondiali” con cui gli imperialisti Usa non entreranno in guerra per difendere il loro ruolo egemone. Infine, il multipolarismo è espressione di un’ideologia conservatrice perché il precario equilibrio su cui si è retto il mondo negli ultimi trent’anni – posto che di pacifico non c’era niente – è destinato a saltare, è impossibile da mantenere ed è un’illusione pensare di poterlo mantenere» [2]
Nonostante ciò, contraddicendosi nuovamente, egli si è lanciato in un'affermazione “ultrasinistra” per cui, se da un lato il multipolarismo “è un'ideologia idealista”, dall'altro si evince che:
«Il mondo multipolare esiste già. Cioè esistono già paesi e gruppi di paesi che intaccano l’egemonia degli imperialisti Usa e della loro Comunità Internazionale»[3]
Facciamo chiarezza.
I comunisti che analizzano la transizione al mondo multipolare non hanno mai affermato che possano esistere “potenze mondiali con cui gli imperialisti USA non entreranno mai in lotta”: anche nel loro articolo a proposito dell'incontro tra Putin e Xi Jinping, il P.CARC scopre l'acqua calda perché nessuno, né in Russia, né in Cina, né qua da noi, è convinto che tale transizione possa avvenire pacificamente e nell'ambito di una coesistenza con l'imperialismo americano; prova ne sono le esercitazioni militari condotte dai russi, in autonomia e insieme ai cinesi e agli iraniani, nel Medio Oriente e in America Latina, oltre che entro i propri confini e senza citare le navi russe periodicamente inviate nel Mediterraneo. Altra prova sono gli addestramenti militari cinesi nello stretto di Taiwan, che vanno quotidianamente intensificandosi in dimensioni, obiettivi e portata, piuttosto che la rinnovata assertività militare dell'Iran o il continuo sviluppo del deterrente bellico convenzionale e nucleare della RPD di Corea.
Il multipolarismo è una tattica di cui le forze fautrici dell'indipendenza e del socialismo si servono al fine di facilitare la propria lotta e la propria vittoria.
Dicevamo prima che la contrapposizione carchiana “multipolarismo vs. rivoluzione socialista” introduce l'opportunismo di sinistra poiché caratteristica fondamentale di questa deviazione è quella di mascherare la propria estraneità ai principi rivoluzionari dietro frasari apparentemente ultrarivoluzionari ma in realtà privi di qualsivoglia contenuto, è, in altre parole, una politica sprovvista dei mezzi atti alla sua realizzazione. Come si può, infatti, parlare di “rivoluzione socialista” e “guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata” se neanche ci poniamo il problema di costruire un'organizzazione militare adeguata ai compiti e allo scopo, in grado di dichiarare e condurre con successo la resistenza rivoluzionaria all'imperialismo, alla borghesia e a tutte le forze che controllano l'Italia?
Per aggiungere la beffa al danno, la carovana del (n)PCI continua a spingere sulla tattica del “governo di blocco popolare”, che già abbiamo illustrato e confutato a fine 2021 negli Appunti sulla situazione del movimento comunista italiano. Ripetendo come un mantra la parola “organizzazione”, essi non specificano in cosa, concretamente, questa consista, e lasciano tutto alla spontaneità e al “buonsenso” delle organizzazioni operaie e popolari che dovrebbero convincere De Magistris e Landini a ribellarsi apertamente alla Meloni nella prospettiva di combattere la guerra civile e vincerla in nome del socialismo.
Ma, paradossalmente, anche se per assurdo questa ipotesi fosse realizzabile, potrebbe prender forma soltanto nel contesto di un mondo multipolare, in cui le mille leve e le mille contraddizioni che si paleserebbero ci consentirebbero, quantomeno, di scrollarci di dosso il giogo europeo e atlantico per trovarci faccia a faccia con la nostra borghesia e nessun altro a sorreggerla, ergo con un nemico mille volte più debole di quanto non lo sia adesso.
La tesi marxista-leninista per cui la rivoluzione socialista o impedisce o mette fine alla guerra va letta alla luce della nostra situazione reale: ha il movimento comunista le forze per poter impedire la terza guerra mondiale con la rivoluzione socialista? No, non le ha. E non le ha perché non si dà i mezzi per costruirsele, non segue la scienza rivoluzionaria ma riprende tesi e concezioni della piccola-borghesia “di sinistra” cercando di combinarle con singole preposizioni del marxismo estrapolate dal loro contesto e svuotate del loro significato rivoluzionario. Ha il movimento comunista, se la guerra scoppiasse domani, le forze per metterle fine? No, non le ha, perché nessuna forza che si richiama al comunismo si è preparata neanche psicologicamente all'eventualità, sempre più vicina, di una guerra. Può farsele, queste forze, certamente. Ma è un'ipotesi e comunque, come la storia successiva alla Seconda guerra mondiale dimostra, non è automatico che al conflitto imperialista segua l'instaurazione del socialismo: ciò dipende dai comunisti di ogni singolo paese. Ciò che invece è più sicuro è che, dalle rovine di una terza guerra mondiale, nascerà un mondo di indipendenza e sovranità in cui gli Stati Uniti non saranno più il padrone incontrastato, come dopo il 1945 essi stessi scipparono tale “scettro” all'impero britannico. Già adesso vediamo queste tendenze in nuce: la dedollarizzazione, un processo fondamentale per capire la natura del multipolarismo e che la carovana del (n)PCI non a caso trascura, sta procedendo a passo spedito anche grazie alla crisi bancaria di marzo; i BRICS si stanno consolidando ed espandendo (Argentina, Algeria e Iran hanno già presentato ufficialmente domanda d'adesione); in Medio Oriente il mondo arabo-islamico si staricompattando superando le storiche divisioni tra sunniti e sciiti grazie all'opera diplomatica della Cina e dell'Iran, opera che ha portato Turchia e Arabia Saudita a restaurare le relazioni diplomatiche con Siria e Iran (il che avrà effetti benefici sulla situazione dei conflitti siriano e yemenita), con un ruolo più elevato anche degli Emirati Arabi Uniti e senza trascurare l'azione analoga di Giordania e Bahrein verso la Repubblica Islamica Iraniana. A livello militare, gli Stati Uniti sono tutt'altro che il “pivot strategico insostituibile” che la propaganda dei loro strateghi militari cerca di dipingere, come dimostrano i molteplici accordi militari conclusi da vari paesi indipendenti e antimperialisti, tra cui il Venezuela, con Russia, Cina e Iran. Da non trascurare anche lo sviluppo degli armamenti della RPDC, che certamente diventeranno un punto di riferimento
i paesi sovrani della regione che aspirano a frustrare le manovre di ingerenza e destabilizzazione dell'imperialismo americano. Non bisogna pertanto sottovalutare il fatto che il capitalismo, se non lo si fa cadere, non cade; si rigenera e si adatta alle mutate circostanze lasciando intatta la propria struttura.
Ciò considerato, tuttavia, è sbagliato dire, come fa Bonuccelli, che «il mondo multipolare esiste già». Il mondo attuale è ancora unipolare, pur se retto da un unipolarismo in disgregazione per i fattori che abbiamo appena elencato. Prova ne sono, tra le tante, le votazioni all'ONU sulle risoluzioni antirusse relative alla guerra in Ucraina: esse, lungi dall'essere mere formalità, fanno anzi fede dei rapporti di forza che attualmente persistono a livello internazionale. Molti sono stati i casi di paesi, come l'Ungheria e la Serbia, che hanno dovuto votare contro la Russia perché costretti e ricattati dagli americani. Non parliamo, poi, dei paesi satelliti di Washington che votano per puro servilismo e dietro ordinazione del loro padrone d'oltreoceano.
Questo è il primo motivo per cui è sbagliato dire che esista già un mondo multipolare.
Il secondo è che, se dovessimo limitarci a considerare la semplice esistenza di paesi esterni al Washington Consensus, che resistono e difendono la loro indipendenza contro gli imperialisti americani, dovremmo concludere che il mondo è rimasto multipolare anche dopo il 1991, giacché il socialismo è rimasto al potere in tutti e cinque i paesi che tutt'oggi lo edificano (Cina, RPD di Corea, Cuba, Vietnam, Laos) e, pur non avendo la Russia il ruolo che ha oggi, avevamo altri paesi “dalla nostra parte” come Libia e Iraq, che poi abbiamo successivamente perduto. Paradossalmente, dunque, avremmo avuto una situazione migliore trent'anni fa che non oggi. Ma chiunque abbia contezza delle dinamiche del mondo attuale non potrebbe mai sostenere una simile tesi, per la lontananza che la separa dalla realtà fattuale.
Sostenere la tesi di Bonuccelli significa in ultima analisi non saper distinguere tra essere in potenza ed essere in atto: è la stessa incomprensione che si riscontra nel (n)PCI ogniqualvolta asserisce che la “guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata” in Italia sarebbe già in corso poiché esiste il partito che la conduce, il che equivale a pensare di concorrere al Giro d'Italia per il solo fatto di aver comprato una bicicletta (ciò che in gergo logico si chiama condizione necessaria ma non sufficiente).
Il mondo contemporaneo è in marcia verso il multipolarismo, ma non è ancora multipolare, poiché la politica dei paesi che intaccano l'egemonia dell'imperialismo americano non è per ora la corrente principale che regola l'ordinamento internazionale vigente.
L'altra ragione per cui la tesi del P.CARC nasconde in realtà un tipo di opportunismo di sinistra è data dalla loro posizione sulla guerra in Ucraina, che molti (denigratori e sostenitori) hanno a torto etichettato come “filorussa”, ma che invece è la più neutralista tra tutte quelle assunte nel movimento comunista italiano. Vediamo perché.
Nella prima risoluzione del suo VI Congresso (1-2 aprile 2023), il P.CARC afferma:
«La guerra in Ucraina ha fatto emergere alcuni limiti ed errori ideologici che frenano la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel nostro paese e a livello internazionale. Le posizioni più diffuse sono:
– “né con Putin, né con la Nato”, “contro tutti gli imperialismi”. È una linea promossa dal FGC-FC, da Potere al Popolo e altri. A livello internazionale il principale promotore di questa posizione è il KKE, partito comunista greco,
– “contro l’imperialismo Usa, per un mondo multipolare”. È una linea promossa dal Partito Comunista e l’area raccolta intorno all’appello per l’unità dei comunisti e la rivista Cumpanis. A livello internazionale il principale promotore di questa posizione è il PCP, partito comunista portoghese,
– “sostegno alla resistenza ucraina contro l’imperialismo russo”, promossa dal PMLI insieme a partiti e organizzazioni che fanno ideologicamente riferimento al trotskismo, al bordighismo e ad alcuni settori anarchici.
– “sostegno alla Federazione russa contro il governo nazista ucraino” diffusa nella parte più identitaria della base rossa del nostro paese.
Si tratta di posizioni parziali o sbagliate» [4]
Al netto della divisione tra “posizioni parziali” (?) e “posizioni sbagliate”, come se una visione parziale potesse essere giusta, ciò che colpisce è il magheggio teorico del P.CARC che riesce a collocarsi su posizioni più neutraliste dei neutralisti, schierandosi al contempo “contro gli USA”, “contro la Russia”, “contro l'Ucraina” e...“contro il neutralismo”: né-né-né!
Quella del P.CARC è l'esempio plastico di una non-posizione, quale esso assume ogniqualvolta bisogna trattare nel merito un tema su cui la narrazione di regime ha posto il velo del tabù. Rifiutarsi di approfondire le questioni e rifugiarsi nelle solite frasi fatte stereotipate sulla “necessità di promuovere l'organizzazione delle masse popolari contro la guerra” e sulla “priorità dell'instaurazione del socialismo nel nostro paese” a lungo andare svuota di significato anche questi ultimi concetti, che sono punti fermi strategici fondamentali senza i quali, al contrario, niente di tutto ciò che trattiamo qui avrebbe senso alcuno.
Dobbiamo renderci conto della situazione in cui ci troviamo attualmente, che è totalmente diversa dai vari contesti descritti nelle opere di Marx, Lenin e Mao.
Il P.CARC non fa questo e, per bocca del direttore del suo organo di stampa, afferma:
«Per un partito comunista, il “tifo” non è mai un approccio serio. I comunisti hanno l’obbligo di essere conseguenti con quello che dicono e le cose che dicono devono essere coerenti con l’obiettivo e la linea di fare la rivoluzione socialista nel proprio paese.
Tifare per la Federazione Russa è semplice, ma anche sbagliato, soprattutto se non si è conseguenti con quella posizione. Essere conseguenti vuol dire prendere l’iniziativa pratica per sostenere la Federazione Russa. Per essere chiari: vuol dire pensare e agire sotto il comando dello Stato Maggiore della Federazione Russa».
Conosciamo bene la tattica carchiana di etichettare sprezzantemente come “tifo” ogni posizione chiara e netta assunta su una determinata questione spinosa, che oggi è la guerra in Ucraina come ieri erano la frattura tra PC e FGC, le azioni destabilizzanti dei curdi in Siria piuttosto che le vittorie delle forze socialiste in America Latina, il ruolo antimperialista della Cina o del governo di Assad o la questione dei diritti civili. Si tratta di una concezione mutuata proprio dal FGC, che fa del neutralismo dogmatico e settario il proprio “marchio di fabbrica” del purismo ideologico fine a sé stesso, e denota unicamente la presunzione di chi ignora completamente ciò di cui si parla ma finge di sapere tutto.
Quella di Bonuccelli, quindi, più che un'elaborazione teorica appare una provocazione mirante a creare scientemente dello “scandalo” con “mormorii in sala”: in pratica, dà a intendere che chi sostiene la Russia e la sua Operazione militare speciale in Ucraina sarebbe o dovrebbe diventare un “agente dei russi”; forse se ne sarà reso conto, forse no, ma in ciò è finito oggettivamente per reggere il sacco alla propaganda imperialista delle spie del Copasir e dei pennivendoli dei rotocalchi borghesi più degeneri come La Repubblica, il Corriere della Sera, La Stampa, L'Occidentale, Il Riformista e chi più ne ha più ne metta. Una provocazione, dicevamo, anche piuttosto infantile.
Noi però vogliamo prenderlo in parola, e domandiamo: pensavano e agivano forse sotto il comando dello Stato Maggiore dell'URSS i comunisti che dirigevano la lotta di resistenza contro il nazifascismo? Certamente no, poiché Stalin fu il principale fautore dello scioglimento del Comintern nel 1943, proprio per togliere dal mazzo di carte della propaganda fascista l'etichetta di “spia dei sovietici” ai partiti comunisti.
Pensano e agiscono forse sotto il comando dello Stato Maggiore della Russia quei paesi in Asia, Africa e America Latina che hanno sostenuto l'Operazione speciale? Assolutamente no: il Mali ha un governo amico e solidale con la Federazione Russa, ma questo non gli ha arrecato conseguenze negative allorché votò contro la risoluzione proposta dalla Russia in sede ONU relativa alla glorificazione del nazismo; la politica indipendente della Corea socialista è stata riconosciuta e apprezzata come tale dallo stesso governo russo; in Siria è il Presidente Assad che decide se, come e quanto le forze armate russe possono restare nel territorio del paese; l'Eritrea ha alternato voti contrari alle risoluzioni antirusse e astensioni, e così via. Il tipo di relazioni diplomatiche che i paesi indipendenti e in via di sviluppo intrattengono con la Russia e la Cina sono di un tipo diametralmente opposto a quelli di sudditanza dell'Occidente verso gli Stati Uniti; non si può pensare con gli stessi schemi e le stesse categorie che si adottano quando si parla dei rapporti degli altri paesi capitalisti e imperialisti vassalli di Washington. Bonuccelli e il P.CARC, invece, la pensano all'opposto, ma non hanno il coraggio di dirlo e così non spiegano apertis verbis ciò che intendono dire con “pensare e agire sotto il comando dello Stato Maggiore della Federazione Russa” (posto che di iniziative a suo sostegno ve ne sono state eccome). Il risultato finale è che questo tipo di ragionamento lo si potrebbe portare alle estreme conseguenze fino a ritenere che, per stare coerentemente dalla parte del popolo palestinese, bisogna pensare e agire sotto il comando dello Stato Maggiore di Hamas; per solidarizzare davvero con Cuba bisogna pensare e agire sotto il comando dello Stato Maggiore del Partito Comunista Cubano; per essere realmente internazionalisti rispetto alla guerriglia maoista in India bisogna pensare e agire sotto lo Stato Maggiore dei naxaliti, e via dicendo. In poche parole, dovremmo insomma abbandonare del tutto l'internazionalismo proletario: ecco un'altra manifestazione delle oscillazioni verso il gretto nazionalismo tipiche del P.CARC, di cui abbiamo parlato negli Appunti.
Perché, allora, il P.CARC non allarga questo ragionamento a tutte queste lotte testé citate? Si tratta di un problema di concezione comune alla quasi totalità del movimento comunista italiano.
Quelle che abbiamo citato sono lotte che, pur mettendo in mostra una resistenza eroica e qualche sporadico avanzamento, si trovano tuttavia sulla difensiva, in una posizione che obbliga queste forze a “parare i colpi” dell'imperialismo e a combattere per sopravvivere e non cadere. Si è sempre notata, tra i “comunisti” di casa nostra, la tendenza a “venerare i martiri” piuttosto che a militare per conquistare sempre nuove vittorie, tenendo viva la fiamma di quelle precedenti. Basti guardare a quale culto viene tributato a figure come Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg e Che Guevara, piuttosto che alla bandiera dell'URSS, e al florilegio di anatemi che da molti “compagni” piovono su quelle di Stalin, di Mao, dei dirigenti cinesi e coreani, in tutto e per tutto sovrapponibili, quando non ancor più acri, della stessa propaganda imperialista. Impossibile non notare in questa visione del mondo l'influsso del cattolicesimo più deteriore, rafforzata in Italia dall'influenza del Vaticano (che tuttavia non ci rende, come sostiene la carovana del (n)PCI, una “repubblica pontificia” [5] ).
In sintesi, la ragione di ciò è che la Russia non solo si è risollevata dalle macerie e si è data i mezzi per resistere e contrattaccare, ma sta anche vincendo la sua guerra che non è contro l'Ucraina e ancor meno contro il popolo ucraino, bensì contro il cosiddetto “Occidente collettivo”. Non ci proponiamo, qui, di fare una disamina particolareggiata della situazione sul fronte, che peraltro cambia di giorno in giorno se non di ora in ora, ma la tendenza stabile fin dall'inizio, pur con alti e bassi, è che l'iniziativa sta nelle mani della Russia, la quale avanza lentamente ma inesorabilmente in base alla sua storica strategia di combattere guerre di logoramento, che inevitabilmente trascinano nelle sabbie mobili anche gli alleati del nemico, oltre ad affondare il nemico stesso (lo si è già visto nella Grande Guerra Patriottica). Si può dire senza tema di smentita che la Cina stessa sta avanzando a passo più svelto nella sua strategia di vittoria sul capitalismo con le sue stesse armi grazie al sacrificio di sangue della Russia, del suo popolo e dei suoi soldati. È la Russia che ha sparigliato le carte in tavola dei vari organismi imperialisti, costringendoli a ridurre al minimo il tam-tam della narrazione pandemica; è la Russia che sta disarmando non solo il regime neonazista ucraino, ma tutta la NATO che gli invia armi, mezzi e mercenari che puntualmente vengono distrutti dall'artiglieria russa; è la Russia che ha prontamente elaborato una strategia di aggiramento e neutralizzazione delle sanzioni rafforzando le proprie relazioni diplomatiche, politiche e commerciali con i paesi indipendenti dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, a cominciare dalla stessa Cina; alla Russia va il merito di aver smascherato, ancora una volta e ancor più brutalmente, l'ipocrisia della propaganda borghese, generando e facendo emergere, fermentare ed espandere l'opposizione di fette sempre maggiori di cittadinanza nei paesi imperialisti di fronte alla socializzazione delle spese e delle perdite “democraticamente” decisa dalle classi dominanti; sempre la Russia ha fatto uscire allo scoperto, parallelamente a ciò, un'isteria razzista e xenofoba finora sotterranea i cui primi promotori sono stati proprio gli “oppositori di tutti i razzismi e i fascismi”, che oggi, per ironia della sorte, sostengono un fascismo palese e spudorato col beneplacito delle “potenze democratiche” (oggi come ieri). Si tratta, dunque, di “tifo”? No, si tratta di analisi concreta della situazione concreta e della conclusione logica che inevitabilmente non può che derivarne e che va tratta esplicitamente. Questo per quanto riguarda le riflessioni di Bonuccelli.
Per quanto attiene, invece, alla tesi congressuale sopra citata, il P.CARC ha effettuato una distinzione superficiale e inesatta, mettendo nel calderone posizioni giuste, posizioni sbagliate e posizioni in tutto e per tutto controrivoluzionarie. Esso ha scorporato la parola d'ordine «Contro l'imperialismo USA, per un mondo multipolare» da quella di «Sostegno alla Federazione Russa contro il governo nazista ucraino», come se dalla prima non derivasse la seconda e come se la seconda non fosse necessariamente completata e ampliata dalla prima. È sbagliato anche dire che i principali promotori della prima siano i compagni del PCP e in Italia il PC e la rivista Cumpanis, mentre la seconda sarebbe sostenuta soltanto da una generica “base rossa nel nostro paese”.
Il P.CARC include inoltre queste due posizioni in una piccola lista di teorie che “frenano la rinascita del movimento comunista cosciente e organizzato nel nostro paese e a livello internazionale”. Ma, se le analizziamo più in profondità, scopriamo che è difficile attribuire una paternità della posizione promultipolarismo a un qualsivoglia partito specifico, poiché essa, in ambito internazionale, è sostenuta da tutto il movimento comunista e antimperialista, così come il Partito del Lavoro di Corea e il governo della RPDC, che sostengono la Russia sin dal primo giorno dell'Operazione speciale e sono peraltro in prima linea nella lotta per un mondo multipolare contro l'imperialismo americano, non possono certo essere cancellati con un tratto di penna o accomunati banalmente a un'informe “base rossa nel nostro paese” di compagni che pubblicano foto di Stalin su Facebook. Chi ragiona come il P.CARC, ragiona sempre all'inverso di come dovrebbe: si è coperto dietro le bandiere dei paesi socialisti quando si trattava di agire secondo criteri indipendenti e sulla base del proprio contesto specifico (durante il periodo del Covid), mentre ora che è principale l'elaborazione e l'aderenza a una linea comune quale quella da essi attuata, se ne distaccano per voler fare di testa loro e finire, com'è ovvio, fuori strada. Non solo Cina e Russia, ma anche gli antimperialisti venezuelani e i compagni cubani, tanto venerati dai sedicenti “comunisti” nostrani, sostengono a spada tratta la lotta per il multipolarismo e vi partecipano in prima linea da tempi non sospetti.
Il P.CARC sostiene di essere «contro la tesi del multipolarismo spacciata come prospettiva che garantisce “la pace nel mondo”», ma si tratta dello sfondamento di una porta aperta in quanto, per i comunisti, il multipolarismo non è affatto una “prospettiva che garantisce la pace nel mondo”. Il compagno Kim Jong Un, nel suo discorso pronunciato alla VII sessione della XIV legislatura dell'Assemblea Popolare Suprema l'8 settembre scorso, ha affermato:
«L’attuale situazione internazionale pone in evidenza l’antagonismo tra giustizia e ingiustizia e tra progresso e reazione, in particolare la struttura delle forze intorno alla penisola coreana, e mostra la transizione dal mondo unipolare, professato dagli USA, al mondo multipolare» [6]
Alla VI sessione plenaria dell'VIII Comitato Centrale del Partito del Lavoro di Corea, tenutasi tra il 26 e il 31 dicembre, egli ha sottolineato che la struttura delle relazioni internazionali è diventata quella della “nuova Guerra fredda” e che la corrente del multipolarismo sta accelerando. Il compagno Ri Jong Su, analista di affari internazionali, ha scritto, nel suo articolo del 7 aprile intitolato L'AUKUS disgrega il sistema di non proliferazione nucleare internazionale e incentiva la corsa al riarmo:
«Cina, Russia, Sudafrica, Brasile e altre nuove grandi potenze in via di sviluppo sono emerse rapidamente e il multipolarismo è diventato una tendenza mondiale che non si può ignorare. Questo ha imposto agli Stati Uniti la ricerca di nuovi mezzi per il mantenimento della propria posizione egemonica nell’aumento delle spese militari e nello scatenamento di una nuova Guerra fredda» [7]
Come si può facilmente vedere, quindi, i compagni coreani sono tutt'altro che persuasi dall'idea di una “transizione pacifica” dall'unipolarismo al multipolarismo, e si stanno attivamente preparando alla guerra, come dimostrano non solo i recenti test missilistici e nucleari della RPDC, ma anche le decisioni della VI sessione allargata dell'VIII Commissione Militare Centrale del Partito del Lavoro di Corea, svoltasi il 10 aprile.
Bisogna distinguere tra le dichiarazioni diplomatiche e le azioni pratiche e concrete: il P.CARC sottolinea le parole dei presidenti e dei funzionari russi e cinesi sul multipolarismo quale strada da seguire per “un futuro di pace e cooperazione”, per poi parlare delle manovre militari e dei preparativi di guerra che conducono. Delle due l'una: o si tratta di parole che hanno un seguito, o si tratta della propaganda di due potenze imperialiste impegnate nella corsa al riarmo per spartirsi sfere d'influenza con gli americani. La corsa al riarmo russa e cinese, come quella nordcoreana, è un'entrata in possesso di mezzi capaci di difendere il proprio paese, il proprio popolo e la propria indipendenza dai tentativi imperialisti sempre più intensi e spudorati di scatenare una terza guerra mondiale. Non si possono mettere a paragone i due fenomeni, per quanto simili possano superficialmente sembrare. Né la Cina, né la Russia, né alcun altro che non rientri nel campo imperialista a guida americana, vuole la guerra. Essa viene ricercata unicamente dagli imperialisti statunitensi, seguiti a ruota dai loro vassalli imperialisti straccioni europei (i sionisti israeliani sono in condizioni meno adatte, viste le difficoltà senza precedenti che stanno attraversando nell'ultimo periodo). Il multipolarismo è in questo senso una tattica concreta per la difesa della pace e la conquista dell'indipendenza, esattamente come lo fu la lotta per la pace e la democrazia contro il fascismo negli anni '30 e '40 e come lo fu quella per la sovranità nazionale contro la NATO negli anni '50. Non può esservi alcun socialismo senza indipendenza. Non possiamo pensare di costruire un sistema socialista e costruirlo in pace con 140 basi militari USA-NATO sul nostro territorio, a meno di non dotarci di un apparato militare talmente forte e sofisticato da dover, nelle nostre condizioni, per forza dover ricorrere comunque a una o più potenze tra quelle che aspirano al multipolarismo.
Sbaglia, pertanto, il (n)PCI, quando afferma che il multipolarismo:
«È la riedizione aggiornata delle “grandi pensate” di Kautsky (piano del capitale, convivenza pacifica di gruppi imperialisti) delle quali a suo tempo Lenin ha già scritto quanto serviva oppure un riecheggiare la linea della “coesistenza pacifica tra paesi a sistema sociale differente” promossa da Stalin omettendo però gli altri aspetti che accompagnavano tale linea: essa era diretta alla mobilitazione delle masse popolari dei paesi imperialisti contro l’aggressione praticata dalle potenze imperialiste contro l’URSS base rossa mondiale della rivoluzione proletaria e centro dell’Internazionale Comunista» [8]
Sbaglia perché il multipolarismo non implica affatto né un “piano del capitale”, né una “convivenza pacifica di gruppi imperialisti”, e lo stesso parallelo con l'URSS di Stalin si rivolge in realtà contro chi lo ha formulato: è vero che la Russia di oggi non è l'URSS del 1943, non è la “base rossa della rivoluzione proletaria mondiale”; ma è un paese, come riconosciuto dalla loro stessa carovana, che funge da punto di riferimento politico e militare per i paesi che difendono la loro indipendenza, la loro sovranità e anche il socialismo (Cina, Cuba, RPDC). Oggi, pertanto, la parola d'ordine del multipolarismo è e dev'essere diretta alla mobilitazione delle masse popolari dei paesi imperialisti contro l'aggressione praticata dalle potenze imperialiste tramite il regime fantoccio ucraino contro la Russia, paese indipendente, sovrano e antimperialista che promuove l'abbattimento dell'unipolarismo e dell'egemonia americani sul mondo, favorendo così, in seconda istanza e analogamente alla Cina sul fronte economico e finanziario, anche la nostra lotta per il socialismo e ogni futura rivoluzione popolare e proletaria.
Il P.CARC, che sproloquia a proposito di fantomatiche “idee di mondi multipolari pacificati in cui USA, UE, Russia e Cina convivono pacificamente” e che rifiuta il concetto stesso di mondo multipolare non solo “come prospettiva che garantisce la pace del mondo”, ma anche, e “peggio ancora” (!), “come linea di prospettiva e rivoluzionaria”, si colloca ancora una volta nella stessa barricata dei revisionisti e degli opportunisti di destra e di sinistra. Gridare a perdifiato: «Socialismo! Socialismo! Socialismo!», sia pure nella variante social-riformista del “governo di blocco popolare”, non è e non può in alcun modo essere una linea di prospettiva e tantomeno rivoluzionaria. Il socialismo può affermarsi soltanto come risultante dei vari fattori specifici del contesto nazionale, dato dalla storia, dalla cultura, dagli usi e costumi, dalla situazione rivoluzionaria concreta e dallo sviluppo politico, economico e sociale: questo è uno dei primi e fondamentali insegnamenti del marxismo. Il P.CARC fa appello a “usare il marxismo”, ma è il primo ad accantonarlo. Per instaurare il socialismo bisogna darsi i mezzi concreti a tal fine e sfruttare ogni leva e ogni appiglio che le contraddizioni del sistema capitalista a livello nazionale e internazionale ci offrono, altrimenti ci ridurremo a dei vuoti chiacchieroni buoni soltanto a lanciare slogan “ultrasinistri” e “ultrarivoluzionari” che però non hanno alcun seguito e alcuna concretezza pratica. Questo è ciò che segnò la rovina dei partiti marxisti-leninisti nel secolo scorso e quelli di oggi sembrano non aver ancora, nonostante tutto, imparato la lezione.
[1] Articolo "Multipolarismo: usiamo il marxismo compagni!" del P.CARC
[2] Articolo "Mondo multipolare o nuova ondata mondiale della rivoluzione proletaria" del P.CARC
[3] ibidem
[4] "Guerra in Ucraina e ruolo di comunisti e masse popolari in Italia | VIDEO-Risoluzione 1 del VI Congresso" del P.CARC
[5] Vi sarebbero qui da analizzare le dinamiche relative alla sottomissione agli USA dello Stato Pontificio, rafforzata con Bergoglio e le sue concezioni relativiste, oltre che la mutazione sovrastrutturale della borghesia post-sessantottina con cui esse si intrecciano, ma tutto ciò ci porterebbe via tempo e spazio oltre che farci deragliare dal tema dello scritto [nota di JCM].
[6] Articolo "Lo stimato compagno Kim Jong Un pronuncia un discorso di orientamento politico" della sezione italiana della Korean Friendship Association
[7] Articolo "Ri Jong Su – L’AUKUS disgrega il sistema di non proliferazione nucleare internazionale e incentiva la corsa al riarmo" della sezione italiana della Korean Friendship Association
[8] Avviso ai Naviganti 123 - Nuovo PCI
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