IL CINEMA CINESE NELLA RIVOLUZIONE CULTURALE

Di Gianni Volpi, Rivista Ombre Rosse, n° 1 1971, pp. 98-106

A partire dal '64-'65, la documentazione sul cinema cinese risulta assai scarsa e frammentaria. All’inizio della Rivoluzione Culturale, furono sospese anche le pubblicazioni di L'ecran chinois, periodico di stampo piuttosto celebrativo e apologetico che usciva in francese. Come punto di riferimento, l’opera più seria e documentata di prima mano rimane Il cinema cinese, questo sconosciuto di Ugo Casiraghi, «Centrofilm» 11-12 1960, per quanto essa sia irrimediabilmente «datata», sia per il retroterra politico e culturale cinese, sia per la prospettiva «progressista» dell’autore. Ma, al di là dei singoli giudizi e dell’impostazione di fondo, il fascicolo fornisce un preciso ed essenziale quadro storico del fenomeno, dal periodo del Kuomintang al 1960. Per il periodo seguente, fino al 1964, esiste il dossier pubblicato sulla rivista francese «Cinéma 64» n. 86, Le Cinéma Chinois di Régis Bergeron, a suo tempo direttore di «Humanité nouvelle» e poi dirigente del partito m-l. Il fascicolo, frutto di una lunga permanenza in Cina e quindi di una conoscenza diretta dei film e delle strutture produttive, risulta assai ricco sul piano della informazione, ma è difficile da valutare per quanto riguarda i giudizi sui film e sugli autori, cioè in rapporto alla dialettica politica cinese, in un periodo già pieno di fermenti e di contrasti.

Sulla produzione durante la rivoluzione culturale, le notizie sono scarse, e le fonti cinesi insistono più sui termini del dibattito ideologico che non nel fornire dati. Probabilmente, a quanto emerge da accenni contenuti nei documenti, qualche lungometraggio a soggetto, almeno nei primi tempi, fu girato o fu iniziato prima della rivoluzione culturale e portato a termine durante. Gli ultimi lungometraggi di cui si ha notizia, posteriori a quelli citati nel dossier di Bergeron, sono La linea di demarcazione e La guerra sotterranea, risalenti più o meno al 1964, e che sono stati visti in proiezioni private anche in Italia. La guerra sotterranea pare una specie di documentario a posteriori sulla guerra anti-giapponese in un villaggio. Il film descrive soprattutto le operazioni dei partigiani cinesi per snidare dal villaggio il presidio giapponese e il Kuomintang loro alleato, la guerra sotterranea, le azioni, lo scavo di una rete di gallerie, l'uso, contando sulle proprie forze e sull’invenzione proletaria, di armi rudimentali o di strumenti quotidiani di lavoro. Lo schema narrativo si impernia sulla storia di un ragazzo e una ragazza, fra i quali si intuisce che c'è del tenero e che sono i soli personaggi più rilevanti; il ragazzo, una sorta di martire-fanciullo, morirà durante l’azione decisiva per portare un messaggio importante di istruzioni e di direttive. Alla fine, i giapponesi e il Kuomintang sono in fuga, distrutti, morti e feriti. Politicamente, era da rilevare come risultasse piuttosto marginale e tenuto sempre sullo sfondo il ruolo del partito.

Di due altri film a soggetto, realizzati nel 1966, hanno dato notizia le fonti cinesi. Il fiore rosso del Tien-shan descrive la nuova vita socialista del popolo Kazah nel Sinkiang. Pieno di colore locale, mostra la vita di questa minoranza nazionale dopo la fondazione della comune popolare. L’eroina, Aiguli, era, prima della Liberazione, una schiava che nell’infanzia non aveva conosciuto che colpi di frusta. Ma, dopo il 1949 e con l’aiuto del partito, acquisì una solida maturità politica e fu nominata capo di brigata nella fattoria di allevamento della comune «Vento dell'Est», ai piedi del monte Tien-shan. Il suo lavoro è tuttavia reso complicato dalle mene contro-rivoluzionarie del veterinario Kasim, figlio dell’ex-proprietario di mandrie. Aiguli è difatti sposata ad Ashar, uomo di mire egoistiche e finanziarie e ancora pieno di concezioni patriarcali. Su di ciò fa leva Kasim per convincerlo ad impedire ad Aiguli di fare il proprio lavoro. Però il partito e le masse vigilano e scoprono il complotto.

Aiguli conduce al fianco dei contadini una lotta complessa contro il nemico, mentre Ashar riconosce i suoi errori e si riconcilia con lei. Ormai, la fattoria registra rapidi progressi. I temi politici del film risultano evidenti: la lotta per la trasformazione, il rapporto con le masse, la lotta di classe nel socialismo, e così via; per il resto, a quanto pare, si tratta di un racconto semplice e chiaro, recitato da attori kazah, che punta in maniera particolare sulla descrizione paesistica, il monte Tienshan innevato e la prateria immensa, con una curata fotografia a colori, e sui mille incidenti della vita quotidiana kazakhe. L'altro film, La vittoria è vicina, è stato realizzato dagli studi Primo Agosto e riguarda la lotta del popolo sud-vietnamita contro l'imperialismo americano. Il film comprende tre episodi, «Gli occhi guardano al Nord», «La vittoria è vicina» e «Verso l'alba». Il primo episodio disegna il ritratto di una madre coraggiosa, inflessibile e indomabile di fronte alla morte, sullo sfondo delle lotte del popolo del Sud per distruggere casematte strategiche. «La vittoria è vicina» è la storia di un vecchio partigiano, intelligente e coraggioso, che salva il suo villaggio dalla distruzione seminando la confusione fra il nemico.

«Verso l’alba» mostra il lavoro clandestino dei membri del FLN del Sud-Vietnam e una loro azione coordinata con le forze armate popolari per far saltare una base aerea degli aggressori americani.

Durante la rivoluzione culturale, la produzione cinese proseguiva invece lungo tre direzioni: i cartoni animati per ragazzi, i documentari, la trasposizione di opere rivoluzionarie modello.

I cartoni animati banno naturalmente una funzione pedagogica e didattica, ma i temi politici del maoismo e le linee di una pratica proletaria non risultano sovrapposti ed «esterni», bensì scaturiscono naturali e vissuti, per il tramite di una grande inventiva fantastica, sia a livello del disegno, di una linea svelta ed aggraziata e a colori vivaci, quanto della storia, del racconto, L'educazione politica (cioè, «umana») ha trovato un perfetto punto di equilibrio con la riflessione sul mezzo del cinema, con risultati di notevole fascino. Ne diamo solo un paio di esempi, dei più noti e recenti. Il gallo canta a mezzanotte racconta la storia di un gruppo di braccianti agricoli sfruttati da un ricco proprietario terriero. Il loro contratto prevede che debbano lavorare dal canto del gallo al tramonto del sole, e che siano pagati al termine della stagione, dopo il raccolto. Il proprietario, perciò, di notte accende grandi lampade nel pollaio, di modo che il gallo, credendo che sia giorno, canta. In questo modo, riuscirà a sfruttarli di più e, mettendoli in condizioni da non poter rispettare il contratto, alla fine li potrà cacciare senza pagarli. I braccianti si stupiscono di questo fatto, che il gallo canti con tanto anticipo, ed essendo ormai arrivati al limite della loro resistenza, decidono, su proposta di un vecchio lavoratore, di tendere un tranello. Una notte, si appostano nel pollaio e, quando il padrone arriva, gli saltano addosso, gridando «Al ladro! Al ladro!», e lo mettono in un sacco. Alle lamentose proteste del padrone che dice di essere lui, che è tutto un equivoco, i braccianti ribattono ironicamente che non è possibile, «non puoi essere il nostro padrone che è così bravo, sei un volgare ladro di galli!» e lo bastonano di santa ragione. Ma attorno a questo conflitto centrale, filo conduttore del racconto e del discorso politico, prolifera tutta una ricca ed articolata descrizione della vita nelle campagne, una folla di personaggi diversificati, che al leitmotiv dà sostanza e concretezza di analisi. Un altro cartone animato famoso è Eroiche sorelle nella steppa, ispirato ad un fatto realmente avvenuto in Manciuria, nella primavera 1964. Il film si apre su una famiglia mongola, due bambine giocano con montoni di legno, la madre si affacenda intorno all’ovile, il padre abbevera il gregge. Ma il padre deve recarsi ad una brigata vicina, perché una pecora deve partorire e il veterinario è assente; perciò affida il gregge alle due bambine Alla ricerca dell'erba migliore, Longmei e Yuyung si avventurano alla Montagna Nera. Ma all'improvviso, verso mezzogiorno, si scatena una bufera di neve, stormi di uccelli neri sorvolano la pianura silenziosa alla ricerca di un rifugio, l’erba è piegata dal vento che soffia fortissimo, a raffiche. Il film: è il racconto delle loro avventure nella bufera, durante ventiquattro ore, dei loro sforzi per tenere unito il gregge, per fargli passare la montagna, la notte nella steppa immensa, il rifiuto di abbandonare il gregge per raggiungere le luci in lontananza, la caduta di Yuyung in una buca, la neve sempre più fitta, il riposo notturno, l'una accanto all'altra, e il gregge accucciato intorno a loro, in un vallone più riparato, il recupero di alcuni montoni sprofondati nella neve. Yuyung perde nell’operazione uno stivale e la neve ghiacciata le forma intorno al piede una sorta di scarpa, Longmei tenta invano di darle un suo stivale e poi le fascia il piede con un pezzo del vestito, infine si carica la sorellina sulle spalle e spinge avanti il gregge.

Tutto il film: è percorso da un senso naturale della solidarietà, dal sentimento di far parte di una comunità, di un gruppo più grande, al limite la Cina stessa, rispetto al quale le proprie azioni e il proprio lavoro acquistano senso e valore; e tutto questo viene risentito in maniera semplice e spontanea, ma profonda. Inoltre dai dialoghi delle ragazzine, tratteggiati con grande finezza e precisione, e dalla figurazione dei comportamenti quotidiani, scaturiscono due altri elementi notevoli: un rapporto bambino-pecore improntate ad un'ideologia contadina, proletaria, dove la bestia non è disneyamente umanizzata e sentimentalizzata, ma rimane bestia, conta come merce, è importante per la produttività, per la vita dei contadini; e un rapporto attivo con gli adulti, il padre, il vecchio «zio», i pastori, dalle cui parole e dal cui concretissimo stile di vita le bambine acquisiscono la conoscenza del reale e sui quali improntano il loro comportamento, combinandoli con la lezione dell'esperienza pratica. Per tornare alla storia nel villaggio sono intanto convenuti i pastori da tutto l'altopiano, e, accorgendosi che mancano le due sorelle, partono subito alla loro ricerca. Finalmente, dopo aver percorso 70 li, esse sono ritrovate sfinite nella neve, ma ben presto all'ospedale si riprendono. Viene così la primavera, era l’ultima bufera dell’anno; nella pianura i bambini giocano e lavorano. È sera; Yuyung prende un agnello in braccio, e le due sorelle si stringono vicine per dormire, mentre dalla steppa verdeggiante risuona una canzone, che parla delle stelle e delle pecore della comune, dei fiori primaverili e delle nuove fattorie, delle montagne e dei fiumi e dei camion che vanno su e giù, del presidente Mao e della nuova educazione socialista.

«Ma noi facciamo soprattutto film documentari, didattici, scientifici e tecnici. Il cinema può essere un grande veicolo di istruzione, si può adoperarlo per insegnare al popolo come curare le malattie o come osservare le regole dell’igiene, per insegnare agli apprendisti di una fabbrica come si mettono insieme i pezzi di una macchina. per far conoscere la storia a vecchi e giovani. Noi diamo la massima importanza al cinema per la sua forza di penetrazione, per le sue immense possibilità di strumento culturale e politico», ha dichiarato Pishien Seng, addetto culturale in Italia. La produzione documentaristica, rimasta rilevante anche durante la Rivoluzione Culturale, risponde primariamente ad esigenze di alfabetizzazione, omogeneizzazione ed educazione culturale, linguistica (i lunghi passi da leggere) e politica di un paese immenso e diversificato. Essi sono fatti per la Cina e per il popolo cinese, e questo ne può essere il solo parametro, la sola chiave di lettura, il rapporto con popolazioni precise, con situazioni sociologiche e storiche concretissime. Per limitarci a quelli strettamente politici, visti anche in Occidente, essi in generale veicolano una informazione essenziale (spesso «di celebrazione», dando al termine una connotazione neutra) sulle linee della politica del governo, sulla diplomazia cinese, sui successi nella produzione, sulle celebrazioni di anniversari e feste importanti, sull’aiuto alle lotte anti-imperialiste nel mondo, e così via. Ricordiamo solo pochi esempi: Manifestazione della popolazione della capitale a sostegno della lotta dei popoli del mondo contro l’imperialismo americano, un lungometraggio a colori sulla manifestazione di massa a Pechino, sulla piazza Tien An Men, alla presenza di Mao, Lin Piao e Sianouk; Celebriamo il primo maggio in una solidarietà militante, sul primo maggio 1970, con discorsi, fuochi di artificio, etc.; Messaggero del popolo cinese fratello, sulla visita di Ciou En-lai in Corea, o Visita nella repubblica democratica del Vietnam sul viaggio di Ciou ad Hanoi; Un apporto prezioso, sui successi dell’aviazione; e poi tutta una serie sul movimento di studio e di rettifica, specie nelle campagne: Avanzo quando il presidente Mao dà il segnale, Mattino luminoso, e così via.

Ma, fatte salve le ragioni dell'agire in condizioni date, e dei mezzi in rapporto ai fini, negli esemplari più stimolanti si fondono una documentazione rigorosa e una prospettiva proletaria e un intervento nel vivo del dibattito politico. Prototipi ne potrebbero essere il documentario a colori sui primi tre esperimenti nucleari fatti dalla Cina, La grande vittoria del pensiero di Mao Tse-tung. e quello sugli scontri di frontiera con i russi, Le atrocità anticinesi dei nuovi zar, moto in Italia anche come La battaglia dell’Ussuri. Il primo, proiettato in tutto il paese nell'ottobre 1966, proponeva un discorso politico corretto: il grande balzo in avanti del popolo cinese, armato dell’invincibile pensiero di Mao Tse-tung e, come tema centrale, che in nessun momento e in nessuna circostanza, la Cina sarà la prima ad usare le armi nucleari. Ma più rilevante della linea «detta», era la raffigurazione maoista, concreta e ritrovata nelle cose, di una prospettiva proletaria. di un modo di impostare i problemi, da cui quella linea nasceva e acquistava verità. In sostanza, era il chi ha paura della bomba atomica? Assai vicina si vedeva la folla festante, e la costruzione dell’ordigno atomico avveniva in una normale officina, con le doverose precauzioni, ma senza tutto quel l'apparato di rituale e di sacralità della scienza, ricorrente in occidente; di una grande realizzazione faceva per contro un prodotto del lavoro e della lotta di massa, inserendosi nella lotta maoista contro la specializzazione. Le casalinghe dovranno decidere la politica estera e i braccianti dirigere la ricerca scientifica, aveva detto Lenin. Ed anche, il popolo deve sapere tutto. Nel grandioso processo di discussione di massa, che è stata la rivoluzione culturale, s'inseriscono documentazioni serrate e precise, come quella sull’Ussuri.

L'esperienza legata all’affare di Wuhan direi che va ancora oltre. un uso immediatamente militante del cinema. A Wuhan c’era stata una lotta molto dura tra le fazioni, e i «ribelli» maoisti erano oppressi. Le risse provocavano un numero di feriti così alto che i manifesti di Pechino ne riportavano le cifre. Il 23 giugno 1967 c'erano stati più di trenta morti, e il giorno successivo più di quaranta. Il comando militare, nemico ai ribelli e all'unione degli operai, aveva imposto un potere assoluto e nel giugno aveva arrestato più di tremila persone. In questa situazione arriva, il 14 luglio, Hsieh Fu-chih, ministro della Pubblica Sicurezza e vice primo ministro, insieme con Wang Ling, membro del comitato centrale per la rivoluzione culturale e Yu Li-chin, commissario politico dell'aviazione, e con l'accompagnamento di alcune Guardie Rosse. Essi portano un messaggio di Ciou, prendono contatti con le « tre organizzazioni dell’acciaio» e i ribelli; ma il comando militare reagisce in maniera violentissima, essi sono malmenati, sequestrati, e riescono alla fine a fuggire, rientrando a Pechino. Il loro ritorno fu filmato. La pellicola fu dedicata ai rivoluzionari isolati in provincia, e la si intitolò Pechino vi appoggia. La sequenza dell'arrivo a Pechino mostra Chiang Ching che conduce per le braccia Hsieh Fu-chih e Wang Li, quest'ultimo con l'occhio pesto e zoppicante sul selciato. Ma il tono della scena è festoso. Vi si sente che il ristretto gruppo dirigente, in ultima analisi così poco numeroso e presente per l'occasione quasi al completo, è felice di aver ritrovato i suoi compagni scampati al pericolo. Per un momento null’altro ha importanza, e la sua gioia è comunicativa.

Lo scopo principale del film consiste nel mostrare la compattezza del «centro»; ma esso si propone anche di far conoscere la forza della rivoluzione nelle grandi città, al fine di incoraggiare i «ribelli» della provincia ad affrontare con pazienza le loro prove Di Pechino venivano mostrate le enormi manifestazioni contro Chen Tsai-tao. Per Shanghai fu ripresa un'importante assemblea delle forze armate, nel corso della quale le truppe vengono informate della crisi e del rischio corso.

Le unità decidono di aiutare i rivoluzionari di Wuhan e risalgono nei camion come per andare alla guerra, mentre la folla è in delirio per questa grande prova di impegno dell'esercito.

Le esigenze della propaganda hanno richiesto che Hsieh Fu-chih e Wang Li ricevessero le accoglienze riservate ai vincitori; ma la loro avventura passa in secondo piano di fronte alla prova fornita dai «ribelli» di Wuhan, ieri oppressi e oggi combattenti». (Jean Esmein, «Storia della rivoluzione culturale cinese», Laterza, 1970). Il rapporto diretto e militante cinema-politica, l’uso del cinema come strumento di comunicazione e di informazione, come scrittura e non come mezzo espressivo, la pratica del cinema di intervento e di lotta, in rapporto non mediato con le masse, la funzione pedagogica dell'arte che è la sola che trova ancora posto nella concezione di Mao, tutto questo si ritrova in questa esperienza, in una puntuale verifica.

Per quanto riguarda i film tratti da opere rivoluzionarie modello, quelle su tema rivoluzionario contemporaneo trasposte sono tre: La presa della Montagna della Tigre, dove l'eroe Yang Tseyong con l'Armata popolare di Liberazione libera il villaggio dall’Avvoltoio e i suoi banditi controrivoluzionari; La lanterna rossa, sulla lotta dei ferrovieri, fra i quali spicca Li Yu-ho, contro i giapponesi; e Il distaccamento femminile rosso, che racconta la storia esemplare di Wu Ching-bua, immagine tipica e condensata di milioni di lavoratori oppressi dalla vecchia società, che educata dal partito diventa a poco a poco una combattente comunista d’avanguardia, mentre Hong Chang-ching, rappresentante del partito in seno al distaccamento femminile rosso, muore da martire e migliaia di rivoluzionari si levano in armi. Ad elucidare i problemi teorici da risolvere nella trasposizione e i principi metodologici adottati per La montagna della Tigre, (ma, almeno nelle linee generali, sono generalizzabili agli altri due film-opera) risulta di grande aiuto un recentissimo saggio di Yu Chu-hong. I principi basilari sono: primo, il film deve ricostruire la rappresentazione teatrale, preservandone fedelmente il profondo contenuto ideologico e i valori artistici; secondo, deve superarla, portandola ad nuovo e diverso grado di precisione, di vivacità, di profondità e di finezza. Il metodo della creazione combina realismo e romanticismo rivoluzionario. Nell'opera di Pechino, la creazione delle figure eroiche del proletariato deve molto al canto. Canti polifonici di grande espressività sono stati elaborati in La presa della Montagna della Tigre per esprimere la grandezza dell’eroe. La convenzione dell’arte cinematografica borghese vuole che, in casi simili, si ricorra ad una sequenza frantumata, il che avrebbe spezzettato queste arie e pertanto nuociuto all'immagine dell'eroe proletario. Per questo i realizzatori del film banno soprattutto usato sequenze complete per i canti polifonici. Una grande cura è stata portata nella scelta dei piani: piano ravvicinato o primo piano per rivelare in tutti è dettagli il nobile mondo interiore dell’eroe; il piano medio e piano totale danno un'immagine precisa della coreografia dei personaggi eroici e fanno risentire le interazioni affettive tra di loro o tra personaggi positivi da un lato, e personaggi positivi meno importanti dall'altro. Tutto questo permette un maggior rilievo alla figura dell’eroe. Nei suoi rapporti con gli altri personaggi positivi, o i personaggi negativi, l’eroe occupa sempre una posizione centrale. Tipico il caso di un piano ravvicinato che riunisce quattro personaggi eroici, seguito da un carrello avanti che isola nel gruppo, in primo piano, Yang. Nei rapporti tra personaggi eroici e personaggi negativi, il film segue fedelmente l'insegnamento del presidente Mao: «Denunciare tutte le forze tenebrose che nuocciono alle masse popolari, esaltare tutte le lotte delle masse». I personaggi negativi gravitano in tutte le circostanze, attorno all'eroe che domina la scena. Nessun piano ravvicinato né primo è loro riservato; ogni volta che spartiscono la scena con Yang, sono rintanati in un angolo, o accucciati sullo sfondo, la morte nell'anima, vacillanti sotto funeree luci. La loro natura stessa — degenerazione, crudeltà e fatale destino — è chiaramente svelata. Al contrario, l’eroe proletario s'impone sempre al centro o in primo piano. Questi contrasti fanno sentire la schiacciante superiorità morale dell'eroe sul nemico. Il film intende rompere con il naturalismo e il formalismo borghesi.

Si serve per esempio di interludi musicali per restituire l’atmosfera, mettendo in risalto le brillanti figure e la generosità dei personaggi eroici. Oppure nove esterni segnano la corsa del tempo — da una notte inondata dalla luce della luna al levar del sole — e il decisivo viaggio notturno di Yang verso la montagna. Infine, quando il popolo prende il fucile e il personaggio danza sullo stondo luminoso del villaggio. il carattere di massa e il giusto fondamento della guerra rivoluzionaria risultano trasparenti attraverso queste immagini in cui si fondono armoniosamente bellezza del paesaggio e nobiltà dei sentimenti. In sostanza, mi pare che il film-opera si fondi sull'efficacia parenetica dell'immagine, combinando le possibilità semantiche della scrittura cinematografica e della danza, fatta dì gesti ascensionali e ritmi perentori, da cui ogni sospetto di estetismo pare fugato. Finalmente, è da rilevare la diffusione di massa dei film-opera, delle cui proiezioni in sperduti villaggi tra le montagne parlano entusiasticamente alcune poesie proletarie.

Il panorama è quasi completo. È necessario ancora ricordare, oltre la critica di massa a numerosi film reazionari cinesi e giapponesi, l’organizzazione di Settimane del Cinema Albanese e la ripresa per il cinquantenario della Rivoluzione d'Ottobre dei film sovietici Lenin nell’Ottobre e Lenin nel 1918, Infine, per definire i termini teorici della lotta di classe nel mondo del cinema, un momento rilevante è lo scontro su La storia del cinema cinese (di cui Regis Bergeron stava curando un'edizione francese), redatta da Cheng Ki-hua, ma ispirata dal gruppo di cineasti ed intellettuali che faceva capo a Chou Yang e a Hsia Yen. Durante la Rivoluzione Culturale, essa è stata duramente condannata, in quanto riflesso in campo culturale dell’opportunismo di Wang Ming, cioè di una linea già sconfitta negli anni trenta ma mai del tutto scomparsa. Nel 1936, al tempo della famosa battaglia degli slogan, essa si riassumeva nella linea di una «letteratura di difesa nazionale», in contrapposizione alla linea di Lu Hsun, «la letteratura di massa della guerra nazionale rivoluzionaria». A quel modello si rifacevano La storia e il gruppo di Chou e Hsia, riproponendo la tradizione dei film «di sinistra» girati prima della Liberazione come fondamento per il lavoro successivo, cioè una concezione nazional-popolare della cultura e un realismo democratico-socialista. Contro la linea maoista di Yenan, sostenevano la linea di Wang Ming come la linea generale del partito durante il periodo della rivoluzione democratica. La critica all'autore e al suo gruppo, in sostanza democratico-riformista, si precisava nel giudizio su alcuni famosi film di tendenza critico-sociale degli anni trenta, fra cui il celebre Canto dei pescatori di Tsai Chou-cheng, da loro riproposto come esemplare e che viene invece criticato in quanto «sostiene la conciliazione delle classi e glorifica il riformismo borghese». In breve, nell’autore della Storia del cinema cinese e nell’importante gruppo intellettuale che lo sosteneva viene criticata una concezione aristocratica e individualista dell’arte; «sostenevano una letteratura e un'arte del popolo intero e si opponevano ad un'arte e una letteratura al servizio degli operai, contadini e soldati, al servizio della dittatura del proletariato; sostenevano di conoscere la campagna in auto, e si opponevano a che i lavoratori della letteratura e delle arti si mescolassero profondamente agli operai, contadini, soldati, si immergessero nel fuoco della lotta di classe».

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