PIOMBINO NON HA PIU' LE CIMINIERE. ED E' CONTENTA.

Dissimilis (Rete Associativa), 4 Novembre 2024

Niente lavoro. Nessuno deve più fare qualcosa di concreto. Digitale, “green” e, soprattutto, “turismo” che è “il nostro petrolio” (sempre qualcosa da estrarre) e, quindi, nel lessico quisling di un’Italia occupata e crepuscolare, la ex Enel di Piombino, costruita nel 1977 per raffinare idrocarburi, deve essere riconvertita in una struttura “turistico-ricettiva”. Non si sa quale, come, quando. E poi l’immancabile green, quando la terra è stata abbandonata e i pescatori tormentati dalle norme UE.
Le ciminiere, che per decenni hanno puntellato il golfo di Follonica, vengono giù con, ci tengono a precisarlo, “microcariche”. Sì, perché bisogna pure farlo quasi sottotraccia. Senza che nessuno osi porre il problema della dismissione o della fallacia del modello proposto cioè fare “un innovativo polo” per il “turismo sostenibile”, con plurime “opportunità” – non sono specificate quali – e strutture dedicate “all’attività fisica, allo svago e alla nautica”. Ma, naturale, non al lavoro. Cosa potrebbe mai andare storto? È tutto talmente “green” e “innovativo”!
Il tutto assume i tratti di una sorta di capitozzatura – il rilassamento delle torri nel Medioevo – o, per essere più brutali, di castrazione. Ovviamente, la “spettacolare” – termine usato da qualche inconsapevole gazzetta – demolizione scatena il giubilo di sindaco e presidente di Regione. Quanto al vivere, cioè vivacchiare, di solo turismo, si tratta di una tale idiozia che non merita altre parole.
È triste destino che accomuna tutti gli stabilimenti Enel. A Trino Vercellese, uno dei primi impianti a ciclo combinato, si passa al fotovoltaico; a Porto Tolle (Rovigo) vogliono farci un “villaggio turistico”, a Montalto di Castro – al tempo la più grande – la confusione regna sovrana; va un po’ meglio a Porto Marghera, dove infatti si è costruito un impianto sempre per la produzione energetica (comunque non c’è termine di paragone con il recente passato).
Tanti casi e un unico comun denominatore: la dismissione, l’abbandono e la distruzione. È uno dei lati del capitalismo nella fase attuale, che vuole liquidare definitivamente le produzioni del Novecento e, dunque, i lavoratori.

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