di Sojuz Koba 1961, 19/06/2020
Gli Arditi erano i reparti d’assalto utilizzati dal Regno d’Italia durante la Prima Guerra Mondiale. Considerati l’élite del Regio Esercito, i soldati erano arruolati su base volontaria, ma, col progredire del numero dei reparti, iniziarono ad essere designati dai propri comandi tra i soldati più esperti e coraggiosi, possibilmente scegliendoli tra i militari già decorati al valore. Dopo un accertamento dell'idoneità militare mediante prove di forza, destrezza e sangue freddo, venivano addestrati all'uso delle armi in dotazione (in particolare con il simbolico pugnale), alle tattiche d’assalto, alla lotta corpo a corpo (con o senza armi), il tutto supportato da una continua disciplina atletica. Dopo la Grande Guerra parteciparono attivamente all’impresa di Fiume del 12 settembre del 1919 sotto la guida del poeta-guerriero (soprannominato “il Vate”) Gabriele D’Annunzio e che portò la maggior parte di essi tra le fila dei Fasci di Combattimento, i famosi sansepolcristi capeggiati dal giornalista Benito Mussolini, direttore del quotidiano socialista “Il Popolo d’Italia”.
Nella prima riunione dei Fasci di Combattimento, tenutasi il 23 marzo del 1919 a Milano, in piazza San Sepolcro, venne presentato il programma politico del movimento: antiautoritarismo, abolizione del Senato, instaurazione della Repubblica, estensione del voto alle donne, terra ai contadini con coltivazione diretta, giornata legale di otto ore per i lavoratori, ma anche un’aspra lotta ai socialisti riformisti e al parlamentarismo. I Fasci emiliani e delle Polesine (attuale Provincia di Rovigo) avevano organizzato squadracce punitive contro i contadini e gli operai rivoltosi. Più volte furono assaltate e distrutte anche le sedi sindacali e le case del popolo del Partito Socialista. I gruppi di industriali del Nord e i proprietari terrieri finanziarono Mussolini con ingenti quantità di denaro, incoraggiandolo a spostare la sua politica più a destra. Così egli decise di favorire una serie di alleanze con i nazionalisti di Luigi Federzoni, alcune aree cattoliche del Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo e i liberali di Giovanni Giolitti. Il Popolo d’Italia da “quotidiano socialista” si trasformò in “quotidiano dei produttori e dei combattenti” divenendo l’organo del Partito Nazionale Fascista. Venne, inoltre, creata la lista “Blocchi Nazionali”. Il gruppo della sinistra interventista e rivoluzionaria, formatasi nel 1914-15 e che aveva appoggiato Mussolini fino a quel tempo, ne prese dunque le distanze. I sindacalisti rivoluzionari, i repubblicani, gli esponenti della UIL (Unione Italiana del Lavoro), i futuristi e gli Arditi che si erano espressi precedentemente con Mussolini a favore dell’entrata in guerra dell’Italia, col cambio di rotta del movimento fascista non vedevano più la possibilità di far cadere la monarchia e instaurare una repubblica socialista, come era nei primi intenti di questo gruppo.
Il 22 giugno del 1921, a Roma, l’ex-tenente degli Arditi assaltatori “Fiamme Nere” Argo Secondari, anarchico ma sostenitore di una Repubblica dei Soviet, fondò un gruppo paramilitare di ex-veterani dove confluirono molti esponenti della sinistra interventista. L’intento era quello di contrapporsi alle Camicie Nere del fascismo e alle sue squadre d’azione, i cui esponenti erano ritenuti ormai dei reazionari, traditori del Socialismo e venduti al Capitalismo industriale ed agrario. Nacquero così gli Arditi del Popolo. Secondari, che non fu mai fascista, si rivolse così ai convenuti della prima assemblea di fondazione degli Arditi del Popolo: «Arditi, lavoratori, proletari, oppressi, fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le Case del Popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai non potremo con loro aver nulla in comune. Un solco profondo di sangue e macerie divide i fascisti dagli Arditi.» (Imponente manifestazione proletaria romana contro i delitti e le violenze del fascismo. La sfilata degli Arditi del popolo, in “L’Ordine nuovo”, 7 luglio 1921)
Si tenne poi un’altra assemblea per pianificare lo sviluppo di questa struttura in tutta Italia. Due mesi dopo comparve sul “Giornale di difesa proletaria” un appello di Vittorio Ambrosini, ex-ufficiale degli Arditi, per la formazione di un unico fronte antifascista. Gli Arditi del Popolo furono infatti la prima formazione antifascista che la storia ricordi. Patrioti che si diedero il compito di difendere gli operai e, più in generale i lavoratori, dalle minacce della violenza fascista. Si proclamavano apertamente filo-sovietici e repubblicani. Contavano circa 20.000 aderenti suddivisi in 144 sezioni nazionali. Erano strutturati in battaglioni, compagnie e squadre. Ogni squadra era composta da 11 elementi. Il loro simbolo era un teschio, con orbite rosso vivo e con un pugnale tra i denti, cinto da una corona d’alloro. Il loro motto era quello dannunziano, lo stesso dei fascisti: “A noi!”. Nel loro labaro stava scritto “Lavoro o Morte!”. Nel gagliardetto era invece riprodotta una scure che spezza il fascio littorio. Le loro parole d’ordine erano: “eterna giovinezza, uguaglianza, difesa dei più deboli e della classe lavoratrice”.
In seguito si aggiunsero molti socialisti rivoluzionari, comunisti e soprattutto anarchici, per lo più ex-militari, impiegati statali, operai e contadini. Non volevano riconoscersi in nessun partito antifascista in particolare, né mai ebbero l’intenzione di fondarne uno. Credevano fermamente solo nell’autogestione e nell’autodifesa del popolo, costituendosi quindi come un movimento antipartitico. Per questa ragione vennero osteggiati sia dal Partito Comunista d’Italia, nato a Livorno nel 1921, sia da quello Socialista. Il primo perché voleva che le formazioni di resistenza al fascismo fossero legate al Partito Comunista e inglobate in esso, il secondo perché confidava, sbagliando, nella protezione delle Forze dell’Ordine. Trovarono appoggi solo da parte dell’Unione Sindacale Italiana e dall’Unione Anarchici Italiani. Lo stesso Vladimir Lenin ne aveva salutato la formazione con esultanza sulla Pravda, il quotidiano pubblicato dal 1912 a Pietrogrado per iniziativa degli operai e ispirato appunto da Lenin stesso e che, dopo la Rivoluzione d’ottobre, divenne organo del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Lo stesso Antonio Gramsci in una riunione politica, anni dopo, più precisamente nel 1926, si espresse contro le opinioni dei suoi compagni di partito, dicendo: «Quando nacquero gli Arditi del popolo (organismo di lotta antifascista) che intendevano opporsi militarmente all’avvento del fascismo, essi generarono entusiasmo tra i lavoratori ricevendo le adesioni di sempre più militanti socialisti e comunisti, oltre che di intere Camere del Lavoro. L’atteggiamento sprezzante della direzione del Pci, contro il parere dell’Internazionale, fu quello di minacciare l’espulsione di tutti i comunisti che avessero aderito a questi organismi. Bordiga si illudeva di poter fermare il fascismo solo con la forza organizzata del partito e delle proprie milizie. La sconfitta fu inevitabile…» (“L'Unità”, 24 febbraio 1926)
Da soli gli Arditi del Popolo affrontarono le squadracce fasciste a Viterbo e a Sarzana. A Parma si scontrarono con circa 10.000 tra camicie nere e squadristi agli ordini dei ras provinciali Italo Balbo e Roberto Farinacci. Li vinsero, uccidendo 40 fascisti, e li costrinsero a lasciare la città. A Roma, per il Congresso Nazionale del Partito Nazionale Fascista, 35.000 camicie nere capeggiate da Mussolini e spalleggiate dalle forze dell’ordine, subirono una devastante sconfitta e furono costrette alla ritirata. La simpatia di Casa Savoia verso Mussolini e i suoi adepti spinse, però, il Governo di Bonomi e la Magistratura ad interventi pesanti contro gli Arditi del Popolo. Il Ministero degli Interni li definì “un’associazione per delinquere”.
Dopo la salita al potere dei fascisti nel 1922, Secondari cadde in un’imboscata e venne pestato tanto ferocemente dai fascisti che fu ridotto quasi in fin di vita. Arrestato, venne poi internato in un manicomio a Rieti. Denunce e arresti decimarono gli Arditi del Popolo che chiusero i battenti proprio quell’anno. Già due anni prima erano stati sciolti gli Arditi come reparto d’assalto dell’esercito, per chiudere una possibile breccia di gruppi anti-governativi, dato che ormai erano considerati solo mine vaganti. Tuttavia, molti di coloro che fecero parte degli Arditi del Popolo li troveremo ancora attivi nel 1936 in Spagna, a fianco dei repubblicani e dei socialisti nelle Brigate Internazionali, contro le formazioni nazionaliste e cattoliche del generalissimo Francisco Franco, al grido di “Dal nulla sorgemmo”.
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